mi è arrivata oggi questa mail...
http://www.unita.it/
Gino Strada: ma quale blitz? Per gli ostaggi è stato pagato un riscatto
di red
<http://www.unita.it/images/2004giugno/0602ostaggi.JPG> Un riscatto.
Una semplice riscatto e non un blitz, autorizzato dal governo italiano.
Così sono stati liberati i tre ostaggi italiani in Iraq. Lo sostiene il
sito <http://www.peacereporter.net/it> web diell'agenzia di notizie
Peace Reporter. E lo conferma Gino Strada, di Emergency, in
un?intervista, su l?Unità di venerdì 11 giugno.
«Quella casa al numero 17 di Zaitun Street era disabitata da almeno due
mesi. Fino a lunedì sera tardi (7 giugno, ndr) quando, intorno alle 23,
si è sentito un gran trambusto. Io, che abito al 13, ho visto arrivare
alcune auto e fermarsi davanti a quella casa. Sono entrate un po? di
persone. Era buio, non abbiamo visto bene. Poco dopo se ne sono andati
via ed è tornata la calma». A parlare, raggiunto al telefono da
PeaceReporter, il giornale online di Emergency, è un iracheno, il signor
Fahad, che assieme ad altri due suoi vicini, il signor Mohammed e il
signor Ibrahim, è stato testimone oculare della liberazione di Maurizio
Agliana, Umberto Cupertino e Salvatore Stefio.
«Il mattino seguente, intorno alle 9:30, sono arrivate cinque auto
militari americane, di colore verde oliva. Si sono fermate davanti a
quella casa. Ne sono scesi alcuni uomini vestiti in abiti civili e con
gli occhiali scuri. Erano sicuramente uomini del mukhabarat (servizio
segreto, n.d.r.) americano. Hanno aperto la porta dell?abitazione, senza
forzarla, come se fosse già aperta, e sono riusciti subito con solo
quattro uomini, che poi abbiamo saputo essere i tre ostaggi italiani e
un ostaggio polacco. Li hanno caricati su un furgoncino bianco e se ne
sono andati via. Il tutto con la massima calma. Non è stato sparato un
colpo. Nella casa, a parte gli ostaggi, evidentemente non c?era più
nessuno. Non è stato assolutamente un blitz militare come è stato
annunciato tre ore dopo. Quelli sono tutta un?altra cosa. Lì si è
trattato di una semplice presa in consegna. Gli americani sono andati lì
a colpo sicuro. Sapevano che gli ostaggi erano stati portati lì, si
erano messi d?accordo. Il vostro governo ha pagato un riscatto: nove
milioni di dollari. Qui ormai lo sanno tutti. Adesso però basta parlare
al telefono, non è sicuro».
La sua versione dei fatti è confermata da un'altra fonte irachena
raggiunta da PeaceReporter, vicina al braccio politico della guerriglia.
Una fonte che ha voluto rimanere anonima, e che ha fornito la sua
versione di tutta la vicenda del sequestro, delle trattative e della
liberazione. La fonte inizia facendo un nome, quello di Salih Mutlak.
"Mutlak ? dice ? è un facoltoso commerciante iracheno arricchitosi con
le speculazioni e il contrabbando durante il periodo dell?embargo. Da
molti è definito semplicemente come un ?mafioso?. Lui è il personaggio
chiave della vicenda della liberazione dei tre ostaggi italiani, assieme
al già noto Abdel Salam Kubaysi (solo un omonimo di Jabbar al-Kubaysi),
ulema sunnita e docente all?università di Baghdad, salito all?onore
delle cronache televisive internazionali per il suo ruolo nella
trattativa per il rilascio - dietro pagamento di riscatto - degli
ostaggi giapponesi".
Secondo la fonte, con Mutlak e con Kubaysi il governo italiano avrebbe
trattato segretamente per settimane al fine di ottenere il rilascio di
Agliana, Cupertino e Stefio, rapiti il 12 aprile assieme a Quattrocchi,
ucciso il 14 aprile. Si scoprirà poi che aveva in tasca un porto d?armi
rilasciato dalle forze britanniche e un pass della Coalizione. I
contatti tra i nostri servizi segreti, il Sismi, e la coppia
Mutlak-Kubaysi sono iniziati subito dopo quei tragici giorni, e già il
20 aprile erano cominciate a trapelare notizie sull?accordo con il
governo italiano per il pagamento di un riscatto di 9 milioni di
dollari. Il 22 era stato lo stesso governatore italiano di Nassiriya,
Barbara Contini, a lasciarsi scappare che non c?era nulla da stupirsi
del fatto che il governo pagasse un riscatto. ?Si è sempre fatto così?
aveva detto. Subito dopo aveva smentito questa dichiarazione, e il
ministro degli Esteri, Franco Frattini, aveva detto che si trattava di
"storie prive di fondamento?. Lo stesso giorno, una qualificata fonte
dei servizi segreti italiani rivelava all'agenzia Ansa: "La trattativa,
avviata da giorni, è già stata definita in tutti i suoi aspetti, sia
para-politici, sia economici. Quello che dovevamo fare l'abbiamo fatto".
Dopo questa burrasca il Sismi ha protestato per queste fughe di notizie
che rischiavano di far saltare le trattative in corso. A quel punto, il
governo ha deciso di imporre il silenzio stampa assoluto sulla vicenda.
"Le trattative - spiega la fonte - sono proseguite fino a quando,
all?inizio di maggio, Salih Mutlak è andato in aereo a Roma. Ragione
ufficiale del suo viaggio: affari. E? rimasto nella capitale italiana
per una ventina di giorni, tornando a Baghdad alla fine di maggio con
una valigetta piena di soldi. Cinque milioni di dollari, prima tranche
di un riscatto complessivo di nove milioni di dollari. Gli altri
quattro, questi erano gli accordi da lui presi, sarebbero stati
consegnati ai rapitori dopo la liberazione degli ostaggi". Dopo il
ritorno di Mutlak con i soldi, nei primi giorni di giugno si è consumato
un duro scontro all?interno delle fila dei guerriglieri iracheni. Da una
parte il braccio ?militare? dei guerriglieri, quelli che detenevano
materialmente gli ostaggi e che, tramite Mutlak e Kubaysi, erano in
contatto con il governo italiano: per loro l?importante era solo
incassare il malloppo. Dall?altra parte il braccio ?politico? che non
voleva fare la figura di una banda di delinquenti che rapiscono per
soldi e che quindi non volevano accettare il riscatto. "Noi ci siamo
opposti a questo gioco sporco.
Questa storia del riscatto e della messa in scena della liberazione ?
sostiene la fonte ? avrebbe rovinato l?immagine della nostra causa,
facendoci passare per dei volgari banditi, e poi avrebbe giovato al
governo italiano e quindi prolungato l?occupazione militare dell?Iraq.
Noi volevamo consegnare gli ostaggi, senza alcun riscatto, nelle mani di
rappresentanti del mondo pacifista italiano, sia laico che cattolico,
con cui eravamo già in contatto da tempo e con i quali eravamo
vicinissimi a una conclusione". Ancora domenica scorsa 6 giugno, i
rappresentati della Santa Sede in Iraq si dicevano infatti certi che la
liberazione dei tre italiani sarebbe stata questione di ore. Anche il
governo italiano sentiva che la questione era giunta a un punto
decisivo: venerdì scorso, 4 giugno, il ministro Frattini ha annullato
una sua importante visita a Tokyo per ?motivi familiari?. Forse quello è
stato un giorno decisivo. "Alla fine ? prosegue la fonte, con tono
infuriato ? l?hanno spuntata i ?militari? senza scrupoli, che nei giorni
scorsi, assieme a Mutlak, hanno organizzato in gran segreto il
trasferimento dei tre ostaggi italiani dal loro luogo di detenzione,
cioè Ramadi, un centinaio di chilometri a ovest di Baghdad, fino alla
periferia occidentale della capitale, nel sobborgo di Abu-Ghraib. I tre
sono stati lasciati in una casa e poi la loro posizione è stata
comunicata ai servizi italiani e a quelli americani perché li venissero
a prelevare.
Il loro piano era di far sembrare tutto come un blitz militare che si
concludesse con l?arresto dei sequestratori. Ma non è andata così". E in
effetti, fonti vicine ai servizi italiani hanno rivelato che i due
arrestati effettuati in connessione con il presunto blitz erano in
realtà solo due pastori iracheni, che nulla avevano a che fare con la
guerriglia e che erano stati pagati per farsi trovare lì. Di certo, il
fatto che a condurre l?operazione siano stati militari americani, e non
italiani, preclude alla magistratura una effettiva indagine sui
"liberatori". In Iraq, al mercato nero delle armi, un kalashnikov costa
tra i venti e i trenta dollari. Con nove milioni di dollari se ne
possono comprare centinaia di migliaia.