di MrCilindro » 31 gen 2006, 13:41
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che la VII Commissione (Cultura) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Riva, ha facoltà di svolgere la sua relazione.
LAMBERTO RIVA, Relatore. Signor Presidente, il testo unificato al nostro esame - che reca norme per la prevenzione degli infortuni nell'esercizio dello sci - trae la sua origine, il suo significato e la sua cornice nella proposta di legge n. 2388 di iniziativa dei deputati Casini, Frattini ed altri, che è stata adottata come testo base per la discussione in Commissione: così è avvenuto, sia perché ciò è stato richiesto espressamente dall'opposizione a norma del regolamento sia perché sembrava rispondere meglio ad un concetto di legge quadro su una materia di sostanziale competenza regionale, anche ai sensi del recente decreto ministeriale n. 112 del 1998.
È a conoscenza di tutti la grande diffusione della pratica dello sci cosiddetto alpino, con finalità non agonistiche, ed è questo un fatto positivo, perché significa che esso è alla portata di moltissimi cittadini fin dalla giovane età e contribuisce alla loro promozione umana e sociale ed alla loro salute, nonché allo sviluppo turistico ed economico delle località
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montane del paese, nel quadro di una specifica attenzione alla tutela ambientale e, nello stesso tempo, dello sviluppo economico e sociale delle stesse. È quanto si prefigge l'articolo 1 della proposta in esame, che ne fissa oggetto e limiti, intendendo disciplinare solo la realizzazione e la gestione in sicurezza delle aree sciabili protette destinate alla pratica non agonistica dello sci e di altri sport sulla neve.
La presenza, però, sulle piste di sciatori sempre più numerosi, con diversi livelli di preparazione e che praticano anche forme diverse di sci, crea problemi, tra cui il verificarsi di infortuni che colpiscono in particolare gli sciatori più giovani o comunque inesperti. È quindi opportuno, secondo i presentatori della proposta, introdurre norme per la prevenzione di questi infortuni, pur nel rispetto della libertà della pratica sportiva considerata. Essi hanno quindi previsto l'obbligo del casco protettivo per i minori e sanzioni amministrative per gli inosservanti: è quanto prescrive l'articolo 7 del testo in esame, nel quale l'obbligo del casco è limitato ai soggetti di età inferiore ai quindici anni - corrispondente al limite d'età per l'obbligo scolastico - ed è esteso invece a coloro che partecipino a gare o competizioni sportive sulla neve, come di fatto già avviene. Nei commi 3 e 4 dello stesso articolo si prevede, poi, la conformità del casco a norme tecniche fissate dal ministro della sanità, di concerto con quello dell'industria, sentito il competente organo del CONI, nonché le relative sanzioni per chi produce o commercializza caschi non conformi.
Con l'articolo 6, relativo al comportamento dello sciatore, i proponenti si limitano in sostanza a ribadire il principio del neminem laedere, evidenziando alcuni elementi della specialità di cui tener conto per rispettare quel principio, come rapportare l'andatura alle proprie capacità ed alle condizioni ambientali e delle piste, osservare prescrizioni e segnalazioni locali, collaborare con i gestori per segnalare carenze di misure antinfortunistiche. Gli stessi proponenti osservano che è impossibile tradurre in termini di legge questi che sono consigli di prudenza. La Commissione ha aggiunto l'obbligo dell'utente di uniformarsi al decalogo dello sciatore codificato dalla Federazione internazionale sci nel 1967, e successive modificazioni, ed ha riconosciuto alle regioni il potere di regolamentare ulteriormente la materia.
Al fine della gestione in sicurezza della pista, proprio per prevenire per quanto possibile gli infortuni, i proponenti hanno introdotto doveri per i gestori, come l'obbligo di assicurazione da parte dei gestori di aree sciabili ai fini della responsabilità civile verso utenti, personale addetto ai servizi e terzi. Al comma 2 dell'articolo 10 si demanda al ministro dell'industria, sentito il ministro per i beni e le attività culturali ed il CONI, la competenza di fissare tipologie e condizioni minime dei contratti di assicurazione.
Con l'articolo 11 si impone inoltre ai gestori delle piste l'obbligo di esporre, con adeguata visibilità, il testo relativo alle regole di condotta di cui all'articolo 6.
Infine, i proponenti sottolineano la necessità di riservare piste di sci per la pratica non agonistica, attribuendone il compito alle regioni.
Queste istanze sono presenti nel testo oggi in discussione insieme alle altre suggerite nel corso di numerose audizioni ed incontri informali con le varie categorie interessate, nonché tratte dalle altre proposte di legge, che sono state abbinate alla proposta originaria prima e dopo che nell'aprile 2000 essa venisse assegnata al sottoscritto, in qualità di relatore, per la discussione in sede referente in Commissione. È bene precisare subito che delle proposte abbinate non è stato ovviamente recepito quanto andava al di là delle precise finalità ed ambiti della proposta originaria.
La discussione in Commissione ed il lavoro svolto in Comitato ristretto, dal quale è uscito il testo adottato dalla stessa Commissione, hanno portato invece al recepimento di altri elementi utili. All'articolo 2, comma 3, si prescrive che vengano definite aree a specifica destinazione
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per la slitta e lo slittino - com'è già di fatto -, mentre si lascia alla competenza regionale l'eventuale individuazione di altri sport sulla neve da esercitare su aree analoghe o simili alle precedenti. Così si è accettata la proposta di prevedere un eventuale patentino per gli utenti di piste speciali, ma sono state attribuite alla competenza regionale sia l'individuazione di tali piste sia la previsione o meno dell'obbligo del patentino, come recita l'articolo 8.
L'articolo 3 stabilisce i compiti delle regioni, limitandosi a riconoscere le loro competenze nell'individuare le aree sciabili, nel definirne le caratteristiche, i requisiti tecnici e le modalità di delimitazione e di regolamentazione, nonché le modalità di autorizzazione per la realizzazione e la gestione delle stesse. Esso prescrive, inoltre, che le regioni, nei limiti delle rispettive disponibilità di bilancio, istituiscano la commissione regionale per le piste, di cui all'articolo 4 si specificano i compiti. Detta commissione è ritenuta un utile strumento di programmazione regionale per tutto quanto riguarda gli sport sulla neve e specificatamente sugli scii, programmazione riconosciuta come competenza propria della regione, che la regione stessa può gestire oppure, a sua discrezione, affidare a chi di dovere insieme alle attività implicate, anche con l'affidamento a livello amministrativo territoriale.
Ai fini della tutela ambientale e urbanistica, il comma 2 dell'articolo 5 stabilisce che le aree sciabili siano previste dai piani generali di sviluppo delle comunità montane, dai relativi piani territoriali di coordinamento e dai piani urbanistici comunali.
All'articolo 12 si affida all'intesa fra il ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato e regioni il compito di stabilire una classificazione uniforme dei gradi di difficoltà delle piste e la conseguente segnaletica uniforme sul territorio nazionale.
Infine, sulla scia di quanto richiesto dai presentatori della prima proposta di legge e di quelle abbinate, nonché di quanti sono coinvolti, ai vari livelli, negli sport sulla neve, è sembrato necessario sottolineare l'importanza del momento educativo nella prevenzione degli infortuni sugli scii, nella convinzione generale che nel campo dello sport è sempre più efficace affidarsi alla prevenzione piuttosto che alla punizione, vale a dire al momento educativo invece che alla sanzione punitiva. All'articolo 11, comma 2, viene chiamato in causa il ministro della pubblica istruzione e, suo tramite, la scuola al fine di informare per educare e prevenire.
In conclusione, ritengo che il testo proposto, pur nella modestia degli obiettivi che si propone, sia sufficientemente capace di perseguire tali obiettivi e che rispetti, pur con qualche sbavatura, le competenze regionali, limitandosi a stabilire qualche principio di legislazione uniforme per tutto il territorio nazionale. Tali principi sono ritenuti utili al fine di perseguire effettivamente gli obiettivi suddetti, lasciando correttamente alla competenza regionale l'adattamento degli stessi e possibili ampiamenti e determinazioni particolari, potendoli delegare agli enti locali territoriali.
Mi auguro che dall'esame parlamentare emergano elementi utili al raggiungimento delle finalità indicate.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
UGO INTINI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, il Governo si riserva di intervenire in sede di replica.
PRESIDENTE. Il primo iscritto a parlare è l'onorevole Frattini. Ne ha facoltà.
FRANCO FRATTINI. Signor Presidente, pur intervenendo in una materia che apparentemente ha modesta rilevanza nell'equilibrio dei nostri lavori parlamentari, sarò costretto a tediare i pochi colleghi presenti un po' più di quanto di solito sia abituato a fare. Infatti da un lato mi sorprende e mi dispiace - lo dico
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ovviamente con amicizia nei riguardi del sottosegretario Intini - che il Governo, in una materia che io giudico di grandissima importanza per l'economia e lo sport di intere regioni italiane, non abbia avuto la sensibilità di farsi rappresentare per tempo da un sottosegretario specificamente competente. Infatti, al di là di quello che potrò dire e di quanto ha già affermato il relatore, questa è materia che il legislatore deve affrontare solamente se contribuisce a risolvere il problema della sicurezza sulle piste da sci, nonché a rafforzare la volontà di migliaia e migliaia di operatori della montagna in quasi tutte le regioni italiane.
In altri termini, guai se il legislatore, in una materia che da un lato è tecnicamente assai particolare e che dall'altro interessa l'economia non solo delle valli ma di intere aree regionali, intervenisse soltanto con la logica del proibire, del complicare la vita, del porre balzelli! Non bisogna dare allo sciatore la sensazione che le piste si trasformino in luoghi dove ci sono poliziotti che controllano chi ha il patentino scaduto o non abilitato a quel livello di discesa oppure multano chi si avventura in un bosco senza arrecare danni ad altri ma soltanto per fare una discesa. Questa sensazione sarebbe certamente devastante.
Oltre al dovere di rappresentare in quest'aula le considerazioni che mi derivano da un'esperienza specifica nel settore, ricordo ai colleghi che sono presidente della commissione della Federazione italiana sport invernali che dirige le scuole ed i maestri di sci italiani. Mi sento dunque investito di una responsabilità che non è soltanto quella del parlamentare, ma anche di chi intende rappresentare alcune questioni tecniche che in sede di Commissione non sono state trattate adeguatamente.
In questi anni abbiamo vissuto un'oggettiva crisi del turismo invernale ed un'oggettiva crisi della pratica dello sci: ciò è stato determinato da alcuni fattori, uno dei quali è la sempre minore attrattività dell'impegno delle nostre squadre agonistiche, che purtroppo, dopo gli straordinari risultati degli inizi degli anni novanta, negli ultimi anni sono alla ricerca di un forte rilancio, che fortunatamente sta arrivando in questi ultimissimi tempi. Tutti ricordano che il boom dello sci in Italia nacque all'epoca della mitica «valanga azzurra»: evidentemente la voglia di praticare gli sport deriva anche da un effetto imitativo per i grandi successi delle squadre nazionali.
Poi vi è stato il fattore logistico: strade non sempre adeguatamente mantenute, impianti lenti, piste non correttamente trattate. Negli ultimi anni, tuttavia, vi è stato uno sforzo straordinario per migliorare questi aspetti, tra i quali vi è quello di un rinnovamento progressivo dell'impiantistica. Oggi abbiamo in molte regioni impianti di risalita con caratteristiche di modernità e portata straordinariamente superiori rispetto a quelli di cinque o sei anni fa. Il secondo aspetto riguarda il grande miglioramento nel trattamento delle piste: le nostre piste attualmente sono, di regola, battute e lavorate, anche nel periodo estivo, con l'appiattimento del tracciato e garantiscono una scorrevolezza molto superiore rispetto a quella di pochi anni fa. Il terzo fattore che ha riportato entusiasmo ed attenzione nei confronti del turismo della montagna e del turismo invernale, in particolare, è l'evoluzione degli attrezzi e dei materiali che oggi sono di grandissimo livello qualitativo e in grado di assicurare anche ai meno esperti l'agibilità di piste piuttosto difficili. Gli sci, sono scorrevoli, più corti, hanno una tenuta maggiore e attacchi di sicurezza non paragonabili a quelli che dieci anni fa comportavano traumi molto localizzati. Vi sono poi tecniche di discesa diverse: il surf da neve, lo snowboard, il telemark, pratiche utilizzate su tutte le piste italiane di cui non abbiamo, salvo chi della tecnica si occupa, adeguatamente studiato le conseguenze.
Che effetto può avere su una pista nata e progettata per lo sci tradizionale la presenza di persone che praticano uno sport che sci non è, perché lo snowboard
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non è sci, ma qualcosa di diverso? È uno degli aspetti che certamente toccano la questione della sicurezza.
Con questa iniziativa legislativa, che reca la prima firma del presidente Casini e di tutti i leader della Casa della libertà, poniamo la questione della sicurezza delle piste, che deve essere affrontata tenendo conto che lo sci è anzitutto libertà e non può essere circondato da proibizioni e divieti; deve essere, però, assicurata allo sciatore una condizione di sicurezza attiva e passiva che lo metta in grado di non nuocere a se stesso e di non fare male agli altri. Se consideriamo le statistiche attuali relative alla traumatologia degli incidenti sulle piste, ci accorgiamo che, molto più di ieri, i traumi si concentrano in parti del corpo quali la schiena, la testa e le ginocchia, mentre tradizionalmente, in passato, i traumi riguardavano le gambe, ci si rompeva la tibia o il perone; oggi le tecniche di discesa e gli attrezzi fanno sì che gli incidenti, quando si verificano, possano essere anche mortali perché i traumi alla colonna vertebrale o alla testa hanno spesso conseguenze devastanti. A mio avviso, sicurezza significa porre un problema complessivo di sinergia tra tutti gli operatori economici e professionali delle stazioni sciistiche italiane; significa quindi chiamare a raccolta tutti coloro che hanno un interesse comune per immaginare un obiettivo cui tendere. Ricordo che, nei prossimi anni, l'Italia sarà teatro delle più importanti manifestazioni del mondo: nel 2003 vi saranno i mondiali di fondo, nel 2005 i mondiali di sci alpino, nel 2006 le Olimpiadi.
Questi sono sport agonistici, ma l'indotto che dovrà curare la preparazione delle stazioni, dei luoghi d'accesso, degli impianti, delle piste dovrà tendere, a mio avviso, a consegnare al paese, almeno all'inizio della manifestazione olimpica, ciò che auspico possa diventare il marchio DOC «stazione sicura». L'Italia ha avuto il merito di proporre, per alcune tipologie di prodotti italiani, un marchio di qualità: ebbene, perché non pensare ad una stazione italiana sicura come modello integrato che garantisca piste sicure, accessi sicuri, impianti di risalita non pericolosi? Mi riferisco ad un sistema che, lo ripeto, non può essere costituito solamente da proibizioni e divieti.
Credo si debba parlare, anzitutto - lo faccio anche con un mio ordine del giorno (non tutto, anzi poco, si deve disciplinare con legge, soltanto ciò che è previsto nel provvedimento) -, del problema dei soccorsi. Colleghi, si tratta di un problema essenziale perché nel nostro paese vi sono il Corpo nazionale del soccorso alpino e migliaia di guide alpine dotate di una professionalità straordinaria; è necessario assicurare il soccorso nelle piste mediante gli operatori delle forze di polizia, del Corpo degli alpini, che presidiano le piste proprio per tale finalità. Credo occorra stabilire un criterio generale, per il quale non è necessaria una legge ma un'iniziativa seria ed articolata del Governo, per ordinare il soccorso alpino in montagna e nelle piste in modo adeguato ed integrato. Non si tratta di un problema di poco conto: il ritardo di pochi minuti nel soccorso può costare la vita o l'invalidità ad una persona infortunatasi nelle piste.
L'altra questione attiene alla formazione degli operatori della montagna. Anche in questo caso non occorrono leggi proibitive; i maestri di sci e gli altri operatori della montagna dovranno curare sempre più - so bene che si tratta di un compito primario della federazione, ma tale aspetto deve essere sottolineato in questo contesto - la loro formazione in direzione della trasmissione ai clienti ed agli allievi di un messaggio: la montagna va usata in sicurezza. Tale messaggio formativo è più importante - lo ripeto - di tante proibizioni.
È importante, poi, fare perno sui poteri delle regioni. Sono preoccupato di alcune norme che, in materia, scavalcano o incidono sui poteri di competenza primaria delle regioni, specie di quelle a statuto speciale; al riguardo, sono stati presentati emendamenti che spero vengano accolti. Le regioni, infatti, possono fare molto per la formazione, per una segnaletica adeguata, come sottolineato dal relatore, che venga omologata a livello non solo nazionale,
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ma anche internazionale. Perché non abbiamo pensato - lo dobbiamo fare - a promuovere un'omologazione delle piste a livello europeo o, quantomeno, delle nazioni alpine? Chi scia oggi sa che i comprensori sono quasi tutti transfrontalieri: con gli sci ai piedi si va dall'Italia alla Francia, dall'Italia alla Svizzera, dall'Italia all'Austria. Ebbene, valicato un confine montano, troviamo piste classificate in modo diverso, con segnaletica e «palinatura» differenti. Bisogna far sì che ciò non accada più. Cerchiamo di promuovere, allora, anche a livello di paesi alpini, una sinergia per rendere l'omologazione davvero europea.
Vi è l'aspetto, poi, delle misure di sicurezza passiva. Sono tra quelli che ritengono importante l'introduzione del casco per i piccoli e per i giovani; si tratta di una misura di protezione rilevante. Paradossalmente, gli adulti che usano il casco nelle piste lo fanno per correre di più, non per essere più sicuri; si tratta di persone che pensano che, mettendosi il casco, si sia in una pista di gara. Il casco va considerato come uno strumento di protezione passiva, ma che non deve certamente indurre chi lo sta usando a correre di più sapendo che, se cade, si fa meno male, perché spesso chi cade fa male all'altro e non solo a se stesso.
Oltre alla questione del casco, vi è quella della protezione intorno alle piste. Credo si debba rafforzare molto l'aspetto delle protezioni e delle recinzioni laterali. Vi sono ancora delle piste con dei tratti scoperti pericolosi; vi sono ancora dei luoghi dai quali si può passare e uscire provocando, come spesso accade in discese fuori pista, delle slavine, che poi entrano dentro la pista. Quelle sono le protezioni accanto alle piste che io vorrei vedere! Quelle sono le proibizioni, perché, io sono dell'idea che, se una persona vuole fare una discesa in un bosco senza fare male a nessuno, è sbagliato pensare che in fondo alla discesa vi sia qualcuno che lo ferma e che gli fa la multa! Ma se qualcuno taglia un pendio, magari con lo snow-board e provoca una slavina, quello sì mette a rischio la sicurezza di tanti altri sciatori. Distinguiamo allora anche qui da caso a caso!
Vi è poi la questione degli attrezzi diversi dallo sci.
Apprezzo la previsione di piste tendenzialmente diverse tra snow-board e sci. Nei principali paesi sciistici del mondo (dagli Stati Uniti alla Francia) esistono piste riservate ai «surfisti da neve» perché il surfista ha bisogno di un fondo diverso; fa degli archi di curva diversi e, se lo facciamo sciare in una pista ghiacciata tradizionale, corre il serio rischio di trovarsi coinvolto in un incidente, di entrare in collisione con gli altri sciatori, che fanno tracce totalmente diverse da quelle del surfista. Chi ha provato qualche volta sa che lo «snow-boardista», su due curve, ne fa una cieca, ne fa una senza vedere, perché durante la curva all'indietro non vede chi sta sotto. Vi rendete conto, quindi, di quanto non sia una banalità porre questi problemi visto che nella legge ce ne stiamo occupando.
L'ultima questione che voglio porre mi lascia francamente molto perplesso.
In questa legge si prevede addirittura una sorta di patentino. Si prevede la classificazione delle piste in ordine di difficoltà e per le piste difficili il rilascio di un patentino.
Ci immaginiamo intanto chi avrà la competenza a rilasciare il patentino? Io ho introdotto un emendamento che, in via subordinata, preveda almeno che, se qualcuno lo deve rilasciare, lo faccia la scuola di sci, perché quest'ultima sa chi e come si possa praticare la discesa in determinate piste. Devo dire che mi preoccuperebbe molto se un funzionario degli uffici regionali rilasciasse il patentino per la discesa su una pista da sci di grande difficoltà! Tuttavia, non avendolo scritto nella legge, il rischio serio c'è! È allora opportuno precisare quest'aspetto.
Devo dire che già mi lascia perplesso questo fatto perché anche in questo caso la classificazione di piste di massima difficoltà non è identica tra località e località; vi sono, infatti, piste classificate «nere» che sono più facili di piste classificate
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«rosse», perché tale valutazione dipende dalle condizioni di innevamento, dalla temperatura e dall'orografia. È quindi pericoloso «irrigidire» in un patentino il timbro: ed allora, se io ho il patentino, che cosa posso fare? Ho la licenza di correre di più? Certamente no!
Io sono dell'idea che è con la prevenzione e con la formazione degli operatori della montagna che si convincono i clienti che fare una pista più difficile delle loro possibilità rappresenti un rischio per loro e per gli altri; non è una sfida con se stessi fare un fuoripista difficile!
In conclusione, credo si debbano affrontare alcuni dei problemi che la legge opportunamente tratta e poi - e questo è il senso del mio ordine del giorno - lasciare al Governo la responsabilità di convocare, ad esempio, una riunione della Conferenza Stato-regioni dedicata a questo tema. Perché il Governo non si prende la briga di ascoltare dalle regioni quanto ciascuna di loro, che è diversa per caratteristiche, può avere qualcosa da dire in materia di sicurezza sulle piste? Sarebbe un meritevole contributo alla risoluzione del problema.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Casini. Ne ha facoltà.
PIER FERDINANDO CASINI. Signor Presidente, è molto difficile intervenire dopo il collega Frattini, perché credo che con grande lucidità egli abbia spiegato gli emendamenti che abbiamo messo a punto (il testo di questa proposta di legge esce certamente modificato rispetto all'impostazione iniziale) e anche la ragione per cui tempo fa, chi vi parla come primo firmatario, ma anche diversi esponenti del centrodestra e del Polo per le libertà, presentarono questa proposta di legge.
In questo senso, è per noi motivo di soddisfazione il fatto che prima della fine della legislatura, dopo tanti solleciti e dopo tanti ritardi, finalmente si possa essere alla vigilia dell'approvazione della Camera dei deputati.
Anch'io ringrazio il relatore e mi auguro anche che nel corso di questa legislatura sia possibile completare con un rapidissimo passaggio al Senato questa disciplina legislativa che tende soprattutto a raggiungere lo scopo di aumentare il livello di sicurezza dei cittadini e di cercare, per quanto è possibile (evidentemente un massimo grado di certezza è impossibile da ottenere), di aumentare la soglia di prevenzione degli infortuni nello sci. Vi sono stati tanti fatti, anche tragici, che hanno segnato profondamente un po' tutti. Questi fatti sono dovuti a volte all'imperizia, a volte alla fatalità e sono quindi inevitabili, ma a volte anche al grado di incoscienza che si riscontra sulle piste da sci. In questo senso, vorrei evidenziare alcuni problemi.
Il primo è uno degli ultimi che è stato toccato dal collega Frattini: quello delle aree sciabili protette. Riteniamo che nella commistione di diverse discipline sportive nelle stesse piste vi sia un grado di pericolosità enorme. Lo snow-board è certamente diverso dallo sci tradizionale a cui noi pensiamo. Direi che, se non si provvede rapidamente, come si fa in altri paesi, all'individuazione di piste ad hoc per diverse discipline, il rischio per la sicurezza è certamente destinato ad aumentare, come si vede dalle statistiche degli incidenti.
Il tema del casco è fondamentale, soprattutto per i minori (specie per i ragazzi con età inferiore ai quindici anni), per i quali certamente si devono prevedere le massime cautele, almeno per quanto è possibile, soprattutto nel momento dell'apprendimento della disciplina agonistica. Tutto questo però sarebbe poco se non ci fosse negli operatori la capacità di crescere, nella formazione e nella preparazione e anche culturalmente.
Bisogna migliorare la qualità delle nostre piste e dei nostri impianti. Non sempre i nostri impianti sono adeguati, anche per il livello dell'accesso turistico che noi abbiamo acquisito nel nostro paese. Queste sono state le preoccupazioni che ci portarono, diversi anni fa, ad avanzare questa proposta di legge, tenendo presente che vi sono tre punti su
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cui non si può transigere e proprio su questi abbiamo finalizzato alcuni emendamenti che abbiamo presentato.
Il primo problema è quello della salvaguardia dell'autonomia delle regioni e delle province autonome. Non possiamo pensare di calare un regime vincolistico a livello nazionale senza un adeguato coinvolgimento delle regioni e delle province autonome. Dico ciò con riferimento a tanti problemi, ma uno in particolare mi viene in mente: la formazione degli operatori della montagna. Le regioni sono massicciamente impegnate sul versante dell'istruzione professionale (l'ho rilevato in passato, per altri versi, su Internet, anche che se proprio questo è uno dei settori completamente assenti, o quasi, dalla formazione professionale delle nostre regioni perché oggi si stanno avviando le prime attività): ebbene, alcune regioni si devono impegnare fortemente nella formazione degli operatori della montagna. Certamente, però, almeno per quanto riguarda alcuni ambiti di questa disciplina legislativa, bisognerà che regolamenti flessibili evitino di ingessare le regioni e sarà necessario coinvolgerle in un'azione di monitoraggio preventivo sul rischio degli infortuni nelle piste da sci.
Un altro punto riguarda il patentino: io sono d'accordo con la sua istituzione, lo dico con chiarezza; forse in questo un diverso grado di apprendimento della disciplina sciistica rispetto al collega Frattini mi induce ad avere idee diverse da lui, che è uno dei più bravi sciatori non del Parlamento ma d'Italia per cui non ha bisogno di pensare al patentino o forse si ribella all'idea del patentino; io invece sono favorevole alla sua istituzione. Certo, però, anche a tale riguardo bisogna intendersi: è necessario che si chiarisca bene chi deve rilasciarlo e le relative procedure, perché non è che si possano stabilire modalità per avere il patentino sciistico analoghe a quelle per la patente di guida, perché evidentemente in tal modo non faremmo l'interesse né della montagna né della disciplina sciistica. Bisogna inoltre tutelare, in qualche modo, un certo grado di inventività e di fantasia che pure devono essere un punto di riferimento per questa disciplina.
Il terzo punto è quello dell'omologazione a livello europeo: al riguardo, credo che un apposito ordine del giorno possa essere opportuno, e comunque so che il relatore se ne farà carico, in quanto vi è l'assoluta necessità di sollecitare anche il Parlamento europeo ad un'omologazione a livello europeo. Sappiamo che le piste transfrontaliere sono ormai tantissime e che questa disciplina si interseca a diversi livelli: ebbene, sarebbe veramente assurdo se tra un paese e l'altro, soprattutto tra paesi limitrofi, ci trovassimo di fronte ad una completa diversità e disparità della disciplina legislativa.
Detto questo, concludo rapidamente: penso si debba condividere con i colleghi l'auspicio che si arrivi all'approvazione rapida del provvedimento, che è utile soprattutto, a mio parere, per tutelare i minori. Siamo in una società che tante volte dimentica i minori e che magari accetta silenziosamente un loro pericoloso sfruttamento o il disinteresse nei loro confronti: sappiamo bene che vi è un principio di responsabilità, che non può in alcun modo essere sostituito da caschi, discipline legislative, vincoli, però è nostro dovere fare la nostra parte e credo che con questo provvedimento qualcosa si sia fatto.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
"I love Snowboard" says MrCil